In mano, sì, ma senza stringere

Il 22 maggio del 2014, alle 21:11, iniziavo una bozza dal titolo: “E’ fredda, l’acqua dell’Oceano”.
Non l’ho mai finito, quel post, perché ogni tanto – troppo spesso, a dire il vero – è così che faccio: comincio qualcosa che possa effettivamente essere utile (per la mia crescita personale soprattutto) e poi la lascio da parte, sperando si sistemi da sola.
Oggi è giunto il momento di prendere quel qualcosa e svilupparlo.
O, almeno, concatenarlo ad un discorso a cui, nonostante i Q U A T T R O A N N I di distanza, è fin troppo collegato.

Dicevo, al tempo:

Come fai a vivere nel “qui ed ora”, se tutte le tue azioni passate le hai distrutte? Se “qui e ora” non hai niente?
Fermarsi, guardarsi attorno, e rendersi conto di non aver fatto crescere niente, per la paura di sbagliare. Per la paura di lasciarsi andare.
Fidarsi non è mica facile, eh.
Degli altri, ma soprattutto di sé stessi.
Vorrei far crescere qualcosa, “qui ed ora”, ma non ci riesco. Non so come fare. Non so a chi chiedere.
…ho VERGOGNA, di chiedere.
Si può avere paura di essere felici?
Si può avere paura di non essere abbastanza forti per salvare sé stessi nell’Oceano dove nuotano tutti quanti.
E’ fredda, l’acqua dell’Oceano.
E pericolosa, se non sai nuotare.

E tu, la fiducia di tuffarti e affidarti a chi è dentro, già, e ti chiama, ce l’hai?

Melodramma a parte, alla fine buttarmi mi son buttata, nella metafora e non.
Pensavo non mi sarei mai innamorata, ed è successo.
Pensavo nessuno si sarebbe mai innamorato di me, e, beh..è poi il motivo per cui ho trovato il coraggio di fare quel passo avanti e raggiungere chi mi chiamava.
Ho imparato a nuotare, più o meno. Sono ancora indecisa su alcune cose, ma avanzo, a fatica, sicuramente sprecando più energia di quanta me ne serva, in movimenti inconsulti e respirando male.
Ma sono entrata. E alla fine al freddo ci si abitua in fretta, continuando a muoversi.
Ho capito, anche, che le cose le facciamo crescere a prescindere da ciò che pensiamo di noi (e le distruggiamo, con altrettanta semplicità).
Ho ancora paura di essere felice, ma lo sono, a discapito delle mie paranoie, perché è bellissimo e ci sono persone splendide che mi tengono per mano e mi permettono di esserlo.
Fidarsi è diventato facile, per non dire necessario.
Eppure.
Eppure, nonostante mi sia buttata in acqua, e nuoti, e riesca a far crescere me stessa nel “qui ed ora”, eppure, c’è ancora qualcosa che non va.
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La verità è che sei una persona violenta.

Inconsapevolmente, violenta, che forse è pure peggio, perché non ti rendi neanche conto dove sei nel mondo e cosa produci attorno a te.
Dall’ammazzare una paperella a graffiare a sangue chi stava solo giocando, senza accorgertene, per il semplice fatto che ti ostini ad estraniarti da te stessa e rifiuti di capire, in effetti, quanto tu possa causare dolore.
Quanta responsabilità tu possa avere, nei confronti della realtà che ti circonda, delle persone che ti sono vicine (e che ti amano, o ti hanno amato, o non ti ameranno più).
E ferisci, così, chi mai avresti voluto anche solo turbare.
E ferisci con una cattiveria cieca, infantile, quasi, come se non renderti conto di cosa combini possa poi giustificare il tuo comportamento.
Ma l’ignoranza non è mai stata una scusa, oggi più che mai.
(Oggi, più che mai, che questo amore è sceso tanto in profondità da essere diventato parte integrante della struttura che ti tiene insieme il cuore.)
(Ed è inutile che piangi adesso, sai, solo perché ti rendi conto di quanto amando puoi ferire; di quanto ti mancherebbe l’aria, soprattutto, se venissero meno quelle radici, che portano ossigeno e nutrimento a quella parte di te stessa che credevi di aver sepolto e invece è stata riportata in superficie, bacio dopo bacio, carezza dopo carezza, con pazienza e tenerezza commoventi.)
Ed è sempre troppo tardi, che ti accorgi di quanto profondi siano i graffi, di quanto sia esile, quel collo, che potresti spezzare con uno sforzo minimo.
Troppo tardi, che ti accorgi di come soffocano, quei cuori, stretti tra le dita.

Limitarti o farti schifo, a questo punto, non serve a nessuno, anche perché forse hai già rotto per sempre qualcosa di prezioso e bellissimo.
Ed è tanta, la paura di aver crepato irrimediabilmente quel qualcosa di speciale; la fiducia e l’innocenza di rapporti troppo importanti per riuscire a computarli oltre ad un “vi amo”.
Però, ora che il danno è fatto, cosa puoi fare?
Ammettere di essere una cogliona, stringendo quelle mani, forse.
E smettere di cadere in questi loop, poi, sarà abbastanza?
(E sarai matura abbastanza per riuscirci?)
A conti fatti, in effetti, ti basta solo di provare a vivere bene. O meglio, perlomeno, finché non diventerà bene.
E smettila, ti prego, di muoverti come non avessi coscienza di essere qui.

E lasciati amare senza paranoie e non crearne agli altri, che la vita è già abbastanza difficile senza bisogno di aggiungerci certe stronzate.

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